Invece di aprire una nuova discussione, proseguo il racconto. Del resto, è comunque lo stesso viaggio.18 luglio, da Santa Teresa di Gallura ad Anela
Sveglia presto e velocemente su strada: non ho ragione per trattenermi in questo campeggio vicino al mare, a circa otto chilometri da Santa Teresa di Gallura.
Il giorno prima, il viaggio in traghetto è stato tra i peggiori che possa ricordare su queste brevi tratte: nave sporca e affollata, aria condizionata guasta, impossibile trovare un punto dove prendere un po' di quel riposo di cui inizio a sentire un forte bisogno. Lo sbarco, fortunatamente, mi permette di fare qualche telefonata: voci amiche che, ascoltando per quei pochi minuti la mia emozione, mi fanno dimenticare il caldo, il traffico e il disordine che ho trovato allo sbarco in Sardegna.
Inizio a pedalare appena posso, dopo avere sistemato un po' il bagaglio e acquistato una carta della Sardegna (nonostante il gps, il cartaceo continua a darmi più sicurezza). Volendo potrei tirare ancora due o tre ore in sella, ma sono stanco e il primo campeggio che trovo, per fortuna, si presenta bene. Il personale (per inciso, dalla reception al ristorante, non ho sentito una sola voce sarda) ce la mette tutta, ma il chiasso di notte e i bagni che puzzano sono un problema della qualità degli ospiti; questo mi rassicura ulteriormente sulla mia preferenza per le vacanze lontano dal mare.
Ero rimasto all'alba di sabato. L'aria è abbastanza fresca e c'è ancora poco traffico in giro (poco, ma già pericoloso); la strada, dritta e ondulata su questo tratto di costa, con il sole che lentamente sale alle mie spalle, è davvero bella; il mare è ancora scuro e profondo e il suo riflesso metallico contrasta con il verde già brillante della pineta che trattiene la sabbia delle dune. Magra colazione al bar ad una stazione di servizio; è poco per le mie abitudini e per il mio programma, ma sento l'urgenza di rimbalzare appena possibile verso le alture della Gallura. E così la bussola gira finalmente verso sud, la strada inizia a salire e il mare lo rivedo ogni tanto in lontananza quando la strada curva quel tanto che basta a portare lo sguardo verso la costa.
Birdwatching in Gallura: avvistamento del raro Padùlo. Per fortuna che è raro!Nonostante la salita e il caldo che inizia a farsi sentire, ripasso mentalmente il percorso che ho in mente per rientrare a Cagliari:
risalire la Gallura da Aglientu a Tempio Pausania, scendere verso Oschiri e da qui, in salita, raggiungere Pattada e proseguire verso la foresta di Anela, dove dovrei dormire a Su Tassu, bosco e sorgenti a circa 900 metri di quota;
la seconda giornata dovrei scendere dai monti del Goceano verso la piana di Ottana e risalire quindi a Gavoi, per fermarmi sulle sponde del lago di Gusana, ancora in alto, sui 700 metri;
infine, il viaggio dovrebbe concludersi, in un'unica tirata, attraversando i vari centri barbaricini, quindi il Sarcidano, la Trexenta e infine inventare qualche cosa per cercare di rientrare in buona sicurezza in città.
I punti critici, per il caldo e, avvicinandomi alla città, per il traffico, sono facili da immaginare: la piana di Oschiri e la successiva salita verso Pattada; similmente, la piana di Ottana e la salita verso Sarule e Gavoi; infine, tutta la strada da Senorbì fino a Cagliari. Per evitare il caldo, l'idea è di fermarmi tra le tredici e le sedici dove è possibile (un bar, una sorgente all'ombra). Quanto al traffico, mi preoccupa solo negli ultimi cinquanta chilometri dove però non mancano le alternative su percorsi secondari e meno frequentati.
Salire a Tempio Pausania prende tempo. Il clima qui è decente e mi fermo un po' in un parco a bere e a mangiare gli ultimi snack che mi ero lasciato. Non ho alcuna fretta, se non quella di fare un po' di spesa prima che chiudano i negozi; so che la salita che devo fare prima di pranzo è abbastanza breve e ombreggiata e posso permettermi il lusso di partire con la cambusa rifornita e arrivare all'ora di pranzo alle sorgenti che si trovano a metà della salita sulla SS 392. Qui la sosta è lunga: mangio a sazietà, leggo, parlo un po' con l'equipaggio di una camionetta dell'antincendio, faccio piacevolmente ora. Una vera pausa rigenerante e rasserenante che mi restituisce un po' il senso di questo vagabondare a pedali, rilassato e al fresco.
Il cielo che ogni tanto si copre mi invoglia a riprendere presto la strada. Dalla mia postazione sono pochi chilometri di salita molto dolce fino ad un valico da poco segnalato con un cartello come “Passo del Limbara”, un toponimo che ha un suono un po' falso (infatti, controllando a casa, non ho avuto ancora alcun riscontro sul suo utilizzo consolidato dalle diverse fonti che ho frugato).
Passo del "Limbara"? Sarà...Da qui, una discesa veloce e “pennellata” porta rapidamente al lago del Coghinas. Quando arrivo in vista del vecchio ponte in ferro, inizia a piovere; il caldo è tale che i goccioloni di questo temporale estivo evaporano immediatamente e l'aria calda si satura fastidiosamente di altra umidità. Oschiri nel primo pomeriggio è un deserto, nemmeno un bar aperto in vista. Cosa abbastanza strana per un ciclista, invece sto cercando benzina: devo rifornire la riserva del fornello e quindi mi fermo nella poca ombra di un distributore all'uscita del paese ad aspettare che sia orario di apertura: la strada per Pattada è impegnativa ed è una scusa buona per una pausa per raccogliere un po' di energie prima della scalata.
Uscendo dal paese, la strada passa davanti alla stazione. Per coincidenza, proprio in quel momento l'altoparlante annuncia il passaggio del treno diretto da Olbia a Cagliari; potrei saltarci su al volo e chiuderla lì con la fatica, il caldo e tutto quello che in questo momento mi separa dalle comodità di casa. Mi fermo ad aspettarlo e, quando passa, lo fotografo: ho preso il treno.
Ho "preso" il trenoLa salita per Pattada è proprio come la ricordo dai tempi dei miei vagabondaggi in motocicletta: lunga e costante, su un tracciato di concezione moderna e quindi senza punti di ombra apprezzabili (le strade più vecchie, invece, hanno quasi sempre dei tratti in cui ci si può consolare con un po' di ombra e poi i tracciati sono sempre quelli più vari e tortuosi). Le benefiche nuvole di prima sono ferme, addossate al Limbara, e su questa rampa il sole è impietoso; il caldo afoso fa sembrare l'impresa epica, ma sono solo 12 chilometri per salire di circa trecento metri. Ogni tanto mi fermo, bevo e con un altro po' di preziosissima acqua provo a bagnarmi, ma ci rinuncio per la sgradevole sensazione che dà l'acqua ormai calda sul corpo. Al primo dei due valichi trovo la sorgente di cui avevo memoria e posso finalmente fermarmi a riprendere un po' il fiato all'ombra.
Quando riparto, in fondo alla discesa, sulla sinistra c'è il bivio per la foresta demaniale di Monte Lerno; potrebbe essere un buon punto per fermarmi, a pochi chilometri, sicuramente meno di quanti mi aspettano per raggiungere Su Tassu sopra Anela, ma preferisco attenermi al programma che avevo immaginato. L'andatura ormai è veramente lenta su quest'ultimo pezzo a dente di sega e il bar della vecchia stazione di Pattada è il mio obiettivo più vicino: devo bere qualche cosa di diverso dall'acqua tiepida al sapore di plastica e mangiare qualche cosa di seriamente salato per spezzare la monotonia dolce di frutta e barrette.
Alla vecchia stazione di Pattada finalmente mi fermo comodamente in un posto piacevole. Seduto, una birra fresca ed un pacchetto di patatine accompagnano le mie considerazioni sull'andamento di quest'ultima fase del mio viaggio. Conosco il percorso, quello che ho fatto e quello che mi aspetta. Sono stati e saranno chilometri abbastanza monotoni, senza dislivelli in assoluto significativi, ed è evidente che il caldo sarà la più grossa difficoltà a cui dovrò fare fronte. Nella mezz'ora che resto fermo si è fatta ora di cena e sul posto, che è anche pizzeria, iniziano a girare pizze enormi e profumatissime; mai come ora mi sembra vero che “partire è un po' morire”. Alla fine mi decido per riprendere l'ultimo strappo, ma proprio non va: l'andatura cala ulteriormente e mi ci vuole quasi un'ora e mezza per coprire la decina di chilometri e i trecento metri di dislivello che mi separano dalla destinazione della giornata.
Al crepuscolo, sui monti del Goceano, si ode in lontananza il ruggire delle pantere. Di legno.La strada verso Su Tassu è una scommessa: vado a memoria, cercando di intercettare per un'altra via il percorso fatto da queste parti con Sardinia Mountain Bike la scorsa primavera. Il posto si è costruito come quei miti infantili: solitario, una fitta foresta di alberi altissimi, rocce bizzarre coperte di muschio e il silenzio rotto solo dal canto degli uccelli e dallo scorrere dell'acqua di una sorgente. Come succede con qualunque mito infantile, però, la realtà si accompagna alla delusione: arrivato alla destinazione cercata, con un certo disappunto, vedo che non sono l'unico ad averla scelta per trascorrere la notte. Fortunatamente, fra i tre gruppi attendati, tutti a una certa distanza, regna la tranquillità. Quanto a me, sistemo la tenda, preparo da mangiare e mi metto a dormire appena dopo cena, poco prima di mezzanotte.
centoventuno chilometri e 2229 metri di salitaStefano
Edited by ollast - 6/8/2015, 18:52