SARDINIA MOUNTAIN BIKE

Corsica, ancora e ancora!, diario di viaggio in Corsica

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view post Posted on 29/7/2015, 15:48
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BIKER ARRESIGAU

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Vabbe', il prossimo lo pubblico su Twitter! :rolleyes:
:D

Stefano
 
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view post Posted on 29/7/2015, 16:22
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BIKER ARRESIGAU

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16 luglio, da Ghisoni a Zonza
Come la giornata di ieri era finita in relax, altrettanto è la partenza, con il cordiale commiato dal gestore del camping, alle 8.40. Risalita la violenta rampa di uscita dal campeggio, mi immetto nella dipartimentale per affrontare la dolce salita verso il Col de Verde (1289 m); costantemente all'ombra, rinfrescato da ruscelli, cascatelle e in una situazione di pace e tranquillità data dalla quasi totale assenza di traffico.
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Uno sguardo alle creste sopra Ghisoni

Ancora una discesa rapida e “pennellata” verso Cozzano e Zicavo, dove mi fermo per fare i soliti acquisti, e quindi rimbalzo in salita verso l'altro colle della giornata, Col de la Vaccia (1248 m).
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La distribuzione di sole ed ombra nel corso della giornata ha un che di intrinsecamente guasto: mi trovo all'ombra all'inizio e alla fine della giornata, mentre sono sotto un sole picco tra le 11 e le 16, possibilmente in salita. Così affronto questa salita interminabile in piena canicola, in un panorama spettrale di costoni montani denudati dagli incendi. Vorrei anche fermarmi a mangiare, ma i maiali, onnipresenti in Corsica, qui occupano davvero tutti gli angoli più comodi e ombreggiati.
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Noi, nella piazza con il monumento ai caduti, siamo abituati ai piccioni. Qui si trovano i maiali

Quando, alla fine, scendo ad Aullene sono spento, secco ed affamato.
Ad Aullene mi fermo in un grazioso forno-ristorante. Il pranzo è una robusta salade a cui segue un caffè accompagnato da un delizioso biscottino della casa. Conosco la bontà di quel forno e, se non fosse che sono agli sgoccioli del mio viaggio, sarei anche tentato di comprare qualche cosa. Dopo una buona ora e mezza di sosta, sento di avere ripreso le forze e riprendo la strada. Di nuovo, tutto considerato, decido che posso spingermi a pedalare ancora più avanti della sosta prevista poco più in là, a Serra di Scopamene. Il mio obiettivo diventa quindi Zonza, la base di partenza per le escursioni al Col de Bavella e alla Foret de l'Ospedale. L'avvicinamento in salita è comunque affascinante, ma il traffico consiglia di tenere l'attenzione più alla strada che al panorama.
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La lunga catena di alture che sovrastano la Foresta di Ospedale. Domani le vedrò da vicino.

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Primi sguardi verso la cresta di Bavella. Ancora lontana, anche questa sarà per domani.

Arrivo a Zonza: dopo tanti graziosi villaggi ecco come il turismo trasfroma i luoghi in “non-luoghi” di anonime botteghe e ristoranticome se trovano a Villasimius, Cape Town o Cortina. Mi installo, verso le 17.30, nel più rustico dei ben tre campeggi che si trovano a nord del paese (un quarto si trova verso est). Il guardiano è un tipo un po' rustico ma, a modo suo, gioviale: mi “costringe” a parlare francese e in cambio io lo costringo a correggere i miei errori. Il camping Bavellavista sembra allestito terrazzando il fianco di un burrone, ma alla fine si rivelerà uno dei migliori del viaggio. Dopo la Routine del Campeggiatore, per cena penso di procurarmi una lattina di birra. Risalito il pendio verso l'Accueil, ricevo la lattina come omaggio inaspettato, dato che il camping non ha alcuno spaccio ed evidentemente io ho la faccia di uno che non ha nessuna intenzione di camminare un chilometro per andare a prendere una lattina di birra in paese e tornare. Così, messa la birra in fresco, mi siedo davanti alla tenda e, cucinando, inizio a riflettere sul viaggio, ormai agli sgoccioli, e sui progetti per l'immediato e per le prossime giornate.
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Trazione a pedali, frigorifero a pedalini

Stefano
 
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view post Posted on 29/7/2015, 17:06
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BIKER ARRESIGAU

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17 luglio, da Zonza a Bonifacio
Ormai questo viaggio in Corsica è agli sgoccioli. Non ho ancora deciso sul da farsi, ma un'idea un po' pazza comincia a girarmi per la mente e potrei decidere di affrettare l'imbarco; vedrò comunque più tardi. Intanto parto di buon'ora, poco dopo le 7.30, per salire il breve tratto che porta al Col de Bavella.
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Finalmente in avvicinamento.

Ci arrivo abbastanza in scioltezza, approfittando dell'aria fresca del mattino e del traffico quasi inesistente, data l'ora. Il panorama è straordinario e, arrivato al colle, trascorro qualche minuto a godermi la vista delle montagne e ad osservare l'andirivieni degli escursionisti finché non decido che è arrivato il momento riprendere la strada.
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Invece di scendere verso la costa, a Solenzara, a nord di Porto Vecchio, decido di puntare direttamente verso quest'ultima, passando per la Foret de l'Ospedale. La discesa è rapida e piacevole, ma la temperatura aumenta di colpo in modo sgradevole appena scendo sotto la quota dei 500 metri.
Quando arrivo alla rotatoria della N198, davanti a me c'è un vero e proprio muro di macchine. Evidentemente è ora di punta e anche deviando poco dopo su una Dipartimentale il traffico continua ad essere piuttosto sostenuto. Il caldo si è fatto torrido ed è meglio fermarsi. In un villaggio trovo una epicerie ancora aperta con dei tavoli all'aperto e mi fermo per un veloce pranzo con la solita insalata di pomodori, capperi e tonno. A tavola faccio mentalmente i miei conti: il caldo in pianura e il traffico della costa non sono il mio ideale di vacanza; del resto, risalire in montagna comporterebbe rifare tal quale il percorso fatto l'anno scorso; poi, sono in anticipo di un giorno e mezzo sulla tabella di marcia (un giorno di margine e mezza giornata guadagnata allungando la tappa di ieri); infine, ormai ho preso il ritmo e mi sento in grado di proseguire a pedalare ancora per qualche giorno. Insomma prendo la mia decisione e punto direttamente Bonifacio per prendere il primo traghetto utile e rientrare in Sardegna e proseguire in bicicletta “a piombo” fino a Cagliari.

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Discesa "a piombo, da Santa Teresa di Gallura a Cagliari in tre tappe. Più che un progetto, il risultato di un colpo di sole.

Per Bonifacio percorro lunghi e ondulati rettilinei assolati in mezzo alla campagna. Mi fermo solo a Figari per comprare l'acqua e percorro gli ultimi 15 chilometri della strada costiera ad andatura decisa per arrivare in porto appena possibile. Dopo tanta montagna e foreste, la vista sul mare mi lascia abbastanza indifferente. Arrivo a Bonifacio, caotica, acquisto il biglietto e mi imbarco alle 17.
Ormai sul traghetto, realizzo che il viaggio in Corsica è terminato questa mattina, in cima al Col de Bavella: l'ultimo momento in cui sono stato viaggiatore sereno e non un organismo oppresso dal caldo ed un ostacolo mobile per il traffico automobilistico. La lunga discesa verso il mare non era altro che la passerella del traghetto che mi veniva incontro. Tutto quello che è avvenuto prima, nelle otto lunghe e faticose giornate che ho passato in questa meravigliosa isola, con questo viaggiare lento e riflessivo, contrasta con questo finale così precipitato.
Devo rifarmi, anche iniziando domani.

Stefano

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view post Posted on 30/7/2015, 10:46
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TZIU BIKER

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Bene siamo giunti alla fine della storia...mi complimento con Stefano, anche se mi hai fatto sudare le sette camice per riportare il tutto sul sito...

Ma dimmi un pochino la notte sei riuscito a dormire qualche volta ?

Dimmi se ti piace il "formato forum" un bel copia-incolla con qualche aggiustatina ora rende giustizia al racconto...
 
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view post Posted on 30/7/2015, 14:31
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BIKER SCAMMINAU

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Mica è finito, adesso inizia Sardegna ancora e ancora :D :D
 
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view post Posted on 30/7/2015, 17:49
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BIKER SCAPPIAU

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Bravo Wlady
Ottimo lavoro, rende perfettamente giustizia alle 3 avventure in Corsica!!!!!
 
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view post Posted on 30/7/2015, 17:59
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BIKER ARRESIGAU

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Gran bel lavoro. Dovremmo farci sponsorizzare dai corsi. :-D
Dormire? Ogni tanto. C'è tempo di dormire quando si è a casa. ;-)
Stefano
 
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view post Posted on 31/7/2015, 16:22
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BIKER DE CHILU

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Wow! Ho appena finito di leggere l'ultimo capitolo di un racconto avvincente, di un viaggio affascinante, di emozioni forti che solo un'avventura in solitaria in mezzo alla natura, come quella fatta da Stefano, possono regalare, come in un racconto di Jules Verne. E allora sono qui, ad aspettare con fiducia il reale epilogo, sicuro di poter gustare ancora il dolce scrivere di Stefano, nell'ultimo, vero capitolo, in terra di Sardegna...

Ringrazio anch'io Tziu per l'ottimo lavoro di pubblicazione, ho nuovamente riletto tutti i racconti... sicuro che sia stato un lungo lavoro anche per te...
 
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view post Posted on 1/8/2015, 15:55
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BIKER ARRESIGAU

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Grazie Paolo.
In verità non pensavo di raccontare la discesa su Cagliari: un po' troppo tirata, un po' "sopra le righe". E poi poche foto.
Ci penserò (che è come dire di sì).

Stefano
 
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view post Posted on 5/8/2015, 15:46
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BIKER ARRESIGAU

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Ed ecco il "teaser" per la continuazione del mio racconto:

Alle tredici di questa domenica di piena estate entro in un paese fantasma: silenzio, porte e finestre chiuse dappertutto, nessuno in giro. Il verde curato della collinetta dove sorge la bella chiesa romanica di San Nicola stride drammaticamente con l'atmosfera “postatomica” del luogo. Vedo un bar. Ad un tavolino, davanti ad un cimitero di bottiglie di birra che mi figuro vuote, è seduto uno, da solo; considerato da dove vengo e fatta comunque la tara su un paese dove, per fare festa, a carnevale si picchiano, decido che almeno posso fermarmi a prendere qualche cosa da bere e ripartire al volo. Quando inizio a deviare per fermarmi, sulla stessa terrazza del bar appare una specie di orco dall'aspetto assai poco raccomandabile. Effetto del caldo, forse, ma i due mi sembrano sputati la coppia Paviglianiti-Giordano di CinicoTV.
cinico

Correggo la manovra e tiro dritto. A quest'ora, in un posto così i bar non possono che ospitare elementi marginali o gente equivoca, ma devo per forza fermarmi. Vedo le indicazioni per due ristoranti ma conducono a serrande abbassate. Un altro bar: sul gradino d'ingresso sono accovacciati tre ragazzi, vestiti in panno nero, che interrompono la loro animosa discussione appena si rendono conto del mio passaggio; mi immagino di essere coinvolto come figurante in una estemporanea edizione estiva del Carnevale-Dove-Si-Picchiano e non mi resta che tirare dritto anche questa volta per uscire in fretta da questo paese.


Prossimamente in Cinemascope!

Stefano
 
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view post Posted on 5/8/2015, 20:59
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TZIU BIKER

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CITAZIONE (ollast @ 5/8/2015, 16:46)
Ed ecco il "teaser" per la continuazione del mio racconto:

Alle tredici di questa domenica di piena estate entro in un paese fantasma: silenzio, porte e finestre chiuse dappertutto, nessuno in giro. Il verde curato della collinetta dove sorge la bella chiesa romanica di San Nicola stride drammaticamente con l'atmosfera “postatomica” del luogo. Vedo un bar. Ad un tavolino, davanti ad un cimitero di bottiglie di birra che mi figuro vuote, è seduto uno, da solo; considerato da dove vengo e fatta comunque la tara su un paese dove, per fare festa, a carnevale si picchiano, decido che almeno posso fermarmi a prendere qualche cosa da bere e ripartire al volo. Quando inizio a deviare per fermarmi, sulla stessa terrazza del bar appare una specie di orco dall'aspetto assai poco raccomandabile. Effetto del caldo, forse, ma i due mi sembrano sputati la coppia Paviglianiti-Giordano di CinicoTV.
(IMG:https://s1.postimg.cc/ag032rp1b/cinico.jpg)

Correggo la manovra e tiro dritto. A quest'ora, in un posto così i bar non possono che ospitare elementi marginali o gente equivoca, ma devo per forza fermarmi. Vedo le indicazioni per due ristoranti ma conducono a serrande abbassate. Un altro bar: sul gradino d'ingresso sono accovacciati tre ragazzi, vestiti in panno nero, che interrompono la loro animosa discussione appena si rendono conto del mio passaggio; mi immagino di essere coinvolto come figurante in una estemporanea edizione estiva del Carnevale-Dove-Si-Picchiano e non mi resta che tirare dritto anche questa volta per uscire in fretta da questo paese.


Prossimamente in Cinemascope!

Stefano

Pauraaa ??? :woot: :woot: :woot:
 
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view post Posted on 6/8/2015, 16:47
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BIKER ARRESIGAU

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Invece di aprire una nuova discussione, proseguo il racconto. Del resto, è comunque lo stesso viaggio.

18 luglio, da Santa Teresa di Gallura ad Anela

Sveglia presto e velocemente su strada: non ho ragione per trattenermi in questo campeggio vicino al mare, a circa otto chilometri da Santa Teresa di Gallura.
Il giorno prima, il viaggio in traghetto è stato tra i peggiori che possa ricordare su queste brevi tratte: nave sporca e affollata, aria condizionata guasta, impossibile trovare un punto dove prendere un po' di quel riposo di cui inizio a sentire un forte bisogno. Lo sbarco, fortunatamente, mi permette di fare qualche telefonata: voci amiche che, ascoltando per quei pochi minuti la mia emozione, mi fanno dimenticare il caldo, il traffico e il disordine che ho trovato allo sbarco in Sardegna.
Inizio a pedalare appena posso, dopo avere sistemato un po' il bagaglio e acquistato una carta della Sardegna (nonostante il gps, il cartaceo continua a darmi più sicurezza). Volendo potrei tirare ancora due o tre ore in sella, ma sono stanco e il primo campeggio che trovo, per fortuna, si presenta bene. Il personale (per inciso, dalla reception al ristorante, non ho sentito una sola voce sarda) ce la mette tutta, ma il chiasso di notte e i bagni che puzzano sono un problema della qualità degli ospiti; questo mi rassicura ulteriormente sulla mia preferenza per le vacanze lontano dal mare.
Ero rimasto all'alba di sabato. L'aria è abbastanza fresca e c'è ancora poco traffico in giro (poco, ma già pericoloso); la strada, dritta e ondulata su questo tratto di costa, con il sole che lentamente sale alle mie spalle, è davvero bella; il mare è ancora scuro e profondo e il suo riflesso metallico contrasta con il verde già brillante della pineta che trattiene la sabbia delle dune. Magra colazione al bar ad una stazione di servizio; è poco per le mie abitudini e per il mio programma, ma sento l'urgenza di rimbalzare appena possibile verso le alture della Gallura. E così la bussola gira finalmente verso sud, la strada inizia a salire e il mare lo rivedo ogni tanto in lontananza quando la strada curva quel tanto che basta a portare lo sguardo verso la costa.
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Birdwatching in Gallura: avvistamento del raro Padùlo. Per fortuna che è raro!

Nonostante la salita e il caldo che inizia a farsi sentire, ripasso mentalmente il percorso che ho in mente per rientrare a Cagliari:
risalire la Gallura da Aglientu a Tempio Pausania, scendere verso Oschiri e da qui, in salita, raggiungere Pattada e proseguire verso la foresta di Anela, dove dovrei dormire a Su Tassu, bosco e sorgenti a circa 900 metri di quota;
la seconda giornata dovrei scendere dai monti del Goceano verso la piana di Ottana e risalire quindi a Gavoi, per fermarmi sulle sponde del lago di Gusana, ancora in alto, sui 700 metri;
infine, il viaggio dovrebbe concludersi, in un'unica tirata, attraversando i vari centri barbaricini, quindi il Sarcidano, la Trexenta e infine inventare qualche cosa per cercare di rientrare in buona sicurezza in città.
I punti critici, per il caldo e, avvicinandomi alla città, per il traffico, sono facili da immaginare: la piana di Oschiri e la successiva salita verso Pattada; similmente, la piana di Ottana e la salita verso Sarule e Gavoi; infine, tutta la strada da Senorbì fino a Cagliari. Per evitare il caldo, l'idea è di fermarmi tra le tredici e le sedici dove è possibile (un bar, una sorgente all'ombra). Quanto al traffico, mi preoccupa solo negli ultimi cinquanta chilometri dove però non mancano le alternative su percorsi secondari e meno frequentati.

Salire a Tempio Pausania prende tempo. Il clima qui è decente e mi fermo un po' in un parco a bere e a mangiare gli ultimi snack che mi ero lasciato. Non ho alcuna fretta, se non quella di fare un po' di spesa prima che chiudano i negozi; so che la salita che devo fare prima di pranzo è abbastanza breve e ombreggiata e posso permettermi il lusso di partire con la cambusa rifornita e arrivare all'ora di pranzo alle sorgenti che si trovano a metà della salita sulla SS 392. Qui la sosta è lunga: mangio a sazietà, leggo, parlo un po' con l'equipaggio di una camionetta dell'antincendio, faccio piacevolmente ora. Una vera pausa rigenerante e rasserenante che mi restituisce un po' il senso di questo vagabondare a pedali, rilassato e al fresco.
Il cielo che ogni tanto si copre mi invoglia a riprendere presto la strada. Dalla mia postazione sono pochi chilometri di salita molto dolce fino ad un valico da poco segnalato con un cartello come “Passo del Limbara”, un toponimo che ha un suono un po' falso (infatti, controllando a casa, non ho avuto ancora alcun riscontro sul suo utilizzo consolidato dalle diverse fonti che ho frugato).
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Passo del "Limbara"? Sarà...

Da qui, una discesa veloce e “pennellata” porta rapidamente al lago del Coghinas. Quando arrivo in vista del vecchio ponte in ferro, inizia a piovere; il caldo è tale che i goccioloni di questo temporale estivo evaporano immediatamente e l'aria calda si satura fastidiosamente di altra umidità. Oschiri nel primo pomeriggio è un deserto, nemmeno un bar aperto in vista. Cosa abbastanza strana per un ciclista, invece sto cercando benzina: devo rifornire la riserva del fornello e quindi mi fermo nella poca ombra di un distributore all'uscita del paese ad aspettare che sia orario di apertura: la strada per Pattada è impegnativa ed è una scusa buona per una pausa per raccogliere un po' di energie prima della scalata.
Uscendo dal paese, la strada passa davanti alla stazione. Per coincidenza, proprio in quel momento l'altoparlante annuncia il passaggio del treno diretto da Olbia a Cagliari; potrei saltarci su al volo e chiuderla lì con la fatica, il caldo e tutto quello che in questo momento mi separa dalle comodità di casa. Mi fermo ad aspettarlo e, quando passa, lo fotografo: ho preso il treno.
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Ho "preso" il treno

La salita per Pattada è proprio come la ricordo dai tempi dei miei vagabondaggi in motocicletta: lunga e costante, su un tracciato di concezione moderna e quindi senza punti di ombra apprezzabili (le strade più vecchie, invece, hanno quasi sempre dei tratti in cui ci si può consolare con un po' di ombra e poi i tracciati sono sempre quelli più vari e tortuosi). Le benefiche nuvole di prima sono ferme, addossate al Limbara, e su questa rampa il sole è impietoso; il caldo afoso fa sembrare l'impresa epica, ma sono solo 12 chilometri per salire di circa trecento metri. Ogni tanto mi fermo, bevo e con un altro po' di preziosissima acqua provo a bagnarmi, ma ci rinuncio per la sgradevole sensazione che dà l'acqua ormai calda sul corpo. Al primo dei due valichi trovo la sorgente di cui avevo memoria e posso finalmente fermarmi a riprendere un po' il fiato all'ombra.
Quando riparto, in fondo alla discesa, sulla sinistra c'è il bivio per la foresta demaniale di Monte Lerno; potrebbe essere un buon punto per fermarmi, a pochi chilometri, sicuramente meno di quanti mi aspettano per raggiungere Su Tassu sopra Anela, ma preferisco attenermi al programma che avevo immaginato. L'andatura ormai è veramente lenta su quest'ultimo pezzo a dente di sega e il bar della vecchia stazione di Pattada è il mio obiettivo più vicino: devo bere qualche cosa di diverso dall'acqua tiepida al sapore di plastica e mangiare qualche cosa di seriamente salato per spezzare la monotonia dolce di frutta e barrette.
Alla vecchia stazione di Pattada finalmente mi fermo comodamente in un posto piacevole. Seduto, una birra fresca ed un pacchetto di patatine accompagnano le mie considerazioni sull'andamento di quest'ultima fase del mio viaggio. Conosco il percorso, quello che ho fatto e quello che mi aspetta. Sono stati e saranno chilometri abbastanza monotoni, senza dislivelli in assoluto significativi, ed è evidente che il caldo sarà la più grossa difficoltà a cui dovrò fare fronte. Nella mezz'ora che resto fermo si è fatta ora di cena e sul posto, che è anche pizzeria, iniziano a girare pizze enormi e profumatissime; mai come ora mi sembra vero che “partire è un po' morire”. Alla fine mi decido per riprendere l'ultimo strappo, ma proprio non va: l'andatura cala ulteriormente e mi ci vuole quasi un'ora e mezza per coprire la decina di chilometri e i trecento metri di dislivello che mi separano dalla destinazione della giornata.
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Al crepuscolo, sui monti del Goceano, si ode in lontananza il ruggire delle pantere. Di legno.

La strada verso Su Tassu è una scommessa: vado a memoria, cercando di intercettare per un'altra via il percorso fatto da queste parti con Sardinia Mountain Bike la scorsa primavera. Il posto si è costruito come quei miti infantili: solitario, una fitta foresta di alberi altissimi, rocce bizzarre coperte di muschio e il silenzio rotto solo dal canto degli uccelli e dallo scorrere dell'acqua di una sorgente. Come succede con qualunque mito infantile, però, la realtà si accompagna alla delusione: arrivato alla destinazione cercata, con un certo disappunto, vedo che non sono l'unico ad averla scelta per trascorrere la notte. Fortunatamente, fra i tre gruppi attendati, tutti a una certa distanza, regna la tranquillità. Quanto a me, sistemo la tenda, preparo da mangiare e mi metto a dormire appena dopo cena, poco prima di mezzanotte.
uno3
centoventuno chilometri e 2229 metri di salita

Stefano

Edited by ollast - 6/8/2015, 18:52
 
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view post Posted on 6/8/2015, 17:10
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BIKER DE CHILU

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CITAZIONE (ollast @ 5/8/2015, 16:46)
Ed ecco il "teaser" per la continuazione del mio racconto:

Alle tredici di questa domenica di piena estate entro in un paese fantasma: silenzio, porte e finestre chiuse dappertutto, nessuno in giro. Il verde curato della collinetta dove sorge la bella chiesa romanica di San Nicola stride drammaticamente con l'atmosfera “postatomica” del luogo. Vedo un bar. Ad un tavolino, davanti ad un cimitero di bottiglie di birra che mi figuro vuote, è seduto uno, da solo; considerato da dove vengo e fatta comunque la tara su un paese dove, per fare festa, a carnevale si picchiano, decido che almeno posso fermarmi a prendere qualche cosa da bere e ripartire al volo. Quando inizio a deviare per fermarmi, sulla stessa terrazza del bar appare una specie di orco dall'aspetto assai poco raccomandabile. Effetto del caldo, forse, ma i due mi sembrano sputati la coppia Paviglianiti-Giordano di CinicoTV.
(IMG:https://s1.postimg.cc/ag032rp1b/cinico.jpg)

Correggo la manovra e tiro dritto. A quest'ora, in un posto così i bar non possono che ospitare elementi marginali o gente equivoca, ma devo per forza fermarmi. Vedo le indicazioni per due ristoranti ma conducono a serrande abbassate. Un altro bar: sul gradino d'ingresso sono accovacciati tre ragazzi, vestiti in panno nero, che interrompono la loro animosa discussione appena si rendono conto del mio passaggio; mi immagino di essere coinvolto come figurante in una estemporanea edizione estiva del Carnevale-Dove-Si-Picchiano e non mi resta che tirare dritto anche questa volta per uscire in fretta da questo paese.


Prossimamente in Cinemascope!

Stefano

:lol: :lol: :lol: ...fantastico... è raro sentire qualcuno che conosce quel genere di cinema... Lo zio di Brooklyn ...cit. "Questo film fa schifo!"

A breve inizierò la lettura dell'epilogo dell'avventura...
 
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view post Posted on 6/8/2015, 17:17
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BIKER ARRESIGAU

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19 luglio, da Anela a Gavoi

La notte nel bosco di Su Tassu è fresca, riposante, comunque più breve di quello che vorrei. Mi sveglio relativamente tardi, inizio faccio un po' di pulizie e, con più calma, colazione seduto a un tavolo poco lontano dalla tenda. Nonostante la mancanza di docce e lavatoi, lavaggi e pulizie procedono senza intoppi, forse un poco più lentamente, più che altro a causa della modesta portata dell'acqua.
Alle nove, quando parto, fa già caldo; se è così al limite dei mille metri, più in basso sarà fuoco.
IMG_2088
Ultima foto prima di abbandonare l'ombra a Su Tassu; girate le spalle, me la vedrò con l'inesorabile calura dell'altipiano.

Purtroppo, tra limiti del navigatore e la carta poco chiara, prendo un bivio che mi fa scendere dall'altipiano molto più rapidamente del previsto, così che mi trovo ad attraversare velocemente i paesi di “Sa Costera”: Bultei, Anela, Bono, Bottidda. Qui commetto un altro errore di navigazione e mi affido alle indicazioni stradali per scendere verso valle e quindi prendere la vecchia SS 128b che passa vicino all'antico ponte pisano sul Tirso; purtroppo, invece del vecchio e tortuoso tracciato, mi ritrovo sulla più razionale e diretta bretella che mi porta rapidamente sulla “scorrimento veloce”, che invece prevedevo di evitare. Presa la vecchia strada, il sole inizia a picchiare, nella valle l'aria sembra immobile e più in basso, vicino al ponte, non si vede il minimo filo d'ombra che possa permettere una sosta piacevole; non resta che proseguire verso Cantoniera Tirso, dove ricordo una specie di boschetto e un ristorante.
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Ponte Ezzu sul Tirso. Ma il Grande Fiume dov'è?

Cantoniera Tirso dovrebbe essere uno snodo tra la valle del Tirso, cioè l'asse che collega Nuoro e Macomer, e l'accesso al Goceano e poi al Monte Acuto, cioè Ozieri. La situazione presente riflette la marginalità del luogo: il boschetto non è altro che una decina di smagriti eucalipti, chiusi da un recinto e la poca ombra riservata a dei cavalli, tanto immobili da parere dipinti; la stazione della ferrovia, si sa, è storia; il distributore di benzina non offre nient'altro che carburante, ma niente ombra; c'è il ristorante e, dato che tra poco sarebbe anche ora di pranzo, decido di fermarmi qui e scampare il caldo che sta diventando veramente forte. Entro con la bicicletta nel cortile e decido di fermarmi un po' all'ombra, sulla terrazza. Dall'interno del locale si sentono solo voci concitate, i toni accesi di una discussione che sembra sull'orlo di degenerare nel preludio della prossima Faida del Goceano, Per un pezzo nessuno esce a vedere il nuovo arrivato e, dal canto mio, io resisto ad interrompere questo concilio. Il cono d'ombra dove resto seduto si affaccia su un cortile disperatamente assolato che porta solo ancora più calore; dall'interno, le urla proseguono senza interruzione e la situazione non sembra destinata a migliorare. A questo punto, aspetto solo che una scintilla di energia mi riporti a pedalare lontano da questo posto assurdo. Quando lascio la terrazza per prepararmi a partire, finalmente sia apre una porta ed esce la voce femminile (la più decisa del coro): mi squadra appena e, senza dire una parola, si accinge a sparecchiare il tavolo vicino al mio; la sua comparsa sembra più che altro un controllo per vedere che non le stia rubando i bicchieri del suo prezioso servizio. Me ne vado senza considerarla, cercando di convincermi che l'attraversamento della piana di Ottana nel primo pomeriggio di luglio, potrebbe essere meno sgradevole e forse anche più sano che pranzare in un posto simile. Davanti a me, a circa venti chilometri, c'è Macomer: stazione e treno per Cagliari per chiuderla qui; a sinistra, la prosecuzione della “scorrimento veloce” verso Ottana, quindici chilometri per attraversare il deserto. Dopo una breve sosta “motivazionale”, prendo a sinistra.
Sugli interminabili rettilinei che percorro fino al paese procedo come un animale: da una macchia di ombra all'altra: un immondo cavalcavia o gli alberi che segnano l'ingresso di un'azienda (chiusa); ogni volta bevo e mi bagno un po' i vestiti. La temperatura è preoccupante: il vento che mi accompagna è estremamente caldo e asciutto e mi accorgo che apparentemente non sto sudando. Sono scontento e anche un po' preoccupato, ma penso anche che, alla fine, sono solo 15 chilometri in pianura, cioè circa un'ora di strada.
Per l'area industriale di Ottana si usò, ai suoi tempi, il termine di “cattedrale nel deserto”. Ecco, non so dire della cattedrale – ne ho visto di più convincenti – ma come deserto ci siamo.
Alle tredici di questa domenica di piena estate entro in un paese fantasma: silenzio, porte e finestre chiuse dappertutto, nessuno in giro. Il verde curato della collinetta dove sorge la bella chiesa romanica di San Nicola stride drammaticamente con l'atmosfera “postatomica” del luogo. Vedo un bar. Ad un tavolino, davanti ad un cimitero di bottiglie di birra che mi figuro vuote, è seduto uno, da solo; considerato da dove vengo e fatta comunque la tara su un paese dove, per fare festa, a carnevale si picchiano, decido che almeno posso fermarmi a prendere qualche cosa da bere e ripartire al volo. Quando inizio a deviare per fermarmi, sulla stessa terrazza del bar appare una specie di orco dall'aspetto assai poco raccomandabile. Effetto del caldo, forse, ma i due mi sembrano sputati la coppia Paviglianiti-Giordano di CinicoTV.
cinico

Correggo la manovra e tiro dritto. A quest'ora, in un posto così i bar non possono che ospitare elementi marginali o gente equivoca, ma devo per forza fermarmi. Vedo le indicazioni per due ristoranti ma conducono a serrande abbassate. Un altro bar: sul gradino d'ingresso sono accovacciati tre ragazzi, vestiti in panno nero, che interrompono la loro animosa discussione appena si rendono conto del mio passaggio; mi immagino di essere coinvolto come figurante in una estemporanea edizione estiva del Carnevale-Dove-Si-Picchiano e non mi resta che tirare dritto anche questa volta per uscire in fretta da questo paese.
Il percorso da Ottana a Gavoi è la continuazione in salita dell'orrenda strada che attraversava la piana che mi sono faticosamente lasciato alle spalle: tracciato moderno, razionale, pendenza costante e poca o nessuna ombra; quattrocento metri di salita in circa 15 chilometri per arrivare a Sarule, cioè all'immissione con la vecchia SS 128; da qui ancora salita fino quasi a Gavoi, ma con un profilo meno impegnativo e soprattutto con il conforto di un po' di ombra. Mi resta poca acqua, calda, sgradevole sciacquatura del fondo della borraccia con i sali, che bevo due sorsi alla volta ogni volta che mi fermo per una breve sosta. Ci metto due ore per coprire questo primo tratto; quando finalmente mi lascio alle spalle la piana di Ottana, raggiungendo finalmente la Barbagia, mi sento di nuovo carico e penso solo che questi ultimi trenta chilometri sono da dimenticare, di più, rimuoverli.
A Gavoi mi fermo nel primo bar aperto: fresco, ospitale. Bevo lentamente quello che riesco, mentre osservo in strada il passeggio pomeridiano e trovo tutto molto pacifico e civile. Una tregua alla fatica, alla tensione e alla delusione dell'ultima mezza giornata.
Riprendo la strada che è quasi fresco e, dopo avere rifornito di acqua ad una fontana in paese, mi dirigo in discesa verso il lago. Pare che ci sia un'area attrezzata, un “campeggio montano”, ma non ne vedo traccia (la vedrò l'indomani, ma chiusa e in disarmo). Intanto, mi dirigo verso una strada laterale che conosco e che non dovrebbe essere trafficata. Trovo un buon posto per fermarmi, quasi in riva al lago, ma per prudenza rimando il montaggio della tenda all'ultima luce del giorno. Intanto c'è il tempo per i consueti lavaggi e per preparare la cena con calma, dandomi almeno l'aria di un innocente picnic in riva al lago. Dopo cena monto rapidamente la tenda, raccolgo tutto in modo da essere pronto velocemente l'indomani e quindi mi infilo nel tepore del sacco a pelo per una nottata incredibilmente fresca.
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ottantotto chilometri e millecento metri di salita

Stefano
 
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view post Posted on 6/8/2015, 17:47
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20 luglio, da Gavoi a Cagliari

Mi sveglio in riva al lago che è ancora buio. L'aria quasi fredda mi riporta in condizione per smontare velocemente il campo e fare i bagagli. Quando inizia a fare chiaro mi resta da preparare il tè. Seduto su un masso al limitare degli alberi, osservo la superficie immobile del lago poco sotto di me; qualche pesce guizza e il suono mi arriva quando sull'acqua restano solo dei cerchi a testimoniare quell'unico movimento. Il resto è fermo e non si sente altro che il canto degli uccelli.
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Cha-do o Cerimonia del tè

È giusto che il viaggio termini qui, in questo momento di equilibrio. Proseguire o caricare il tutto su un autobus è diventato indifferente; è come se tutta la fatica spesa fin qui, tutta la concentrazione e la determinazione che ci ho messo, si fossero ridotte ad un'unica linea sottile che punta verso l'orizzonte e vi si confonde fino a perdersi.
Riprendo la strada con un profondo senso di tranquillità e insieme carico di energia. Da una curva all'altra, per un po' gioco con la mia ombra, ancora lunga nella luce più dorata del mattino.
La realtà ritorna con il passaggio brusco di alcune macchine. Si riattiva quella parte vigile e istintiva che riduce il rapporto tra il ciclista in movimento e il resto del mondo alla dimensione del “"solo contro tutti”".
Un paese dopo l'altro attraverso quest'ultima parte della Barbagia: pulizie ad Ovodda, colazione a Tonara, spese (festose) dagli amici di Belvì e ancora acqua ad Aritzo.
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Toy Story 3 alla discarica comunale di Ovodda. Citazione cinefila e vagamente situazionista

Il valico di Sa Casa è il primo di una serie di soglie che mi separano dall'arrivo, ancora lontano. Un po' prima di Laconi trovo un magnifico posto per mangiare e riposare: tavoli, acqua, ombra, fresco, abbastanza defilato dalla strada, peraltro pochissimo frequentata.
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Guarda e respira. Ripeti.

Ripartendo, noto che con tutta l'improvvisazione e la calma che ci sto mettendo, i tempi sono sorprendentemente giusti e arrivo a Senorbì verso le sette di sera.
L'ultimo tratto di strada che mi separa da Cagliari si rivela, al di là delle più severe aspettative, la parte più pericolosa di tutto il viaggio. Gli automobilisti che aspettano che la strada sia sgombra per superarmi, lasciando un buono spazio di sicurezza nella manovra, sono ormai storia di un altro paese. Finalmente raggiungo la deviazione verso Ussana e la pressione del traffico diminuisce; poi riesco anche a trovare alcune strade di penetrazione, anche se più faticose, comunque più sicure.
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A Serdiana il lungo crepuscolo estivo lascia definitivamente il campo all'oscurità. Di nuovo qualche fastidioso chilometro sulla statale e poi posso deviare sugli squallidi sterrati che, in mezzo a mucchi di rifiuti di ogni genere, riportano verso le porte della città. Mentre vedo poco lontano il treno (il vagone) che rientra verso Monserrato, penso allo sciocco senso di sfida che mi ha spinto a proseguire a pedali e a non caricare bicicletta e bagagli alla stazione di Senorbì.
Alle dieci di sera parcheggio la bicicletta nel garage vicino a casa.
La Bicicletta: la “macchina perfetta”, dicono; per me, fin qui, compagnia precisa e fedele che da domani tornerà a fare l'umile servizio di “muletto” da città.
Quanto a me, in questo punto, sulla soglia di casa, i miei pensieri sono focalizzati sull'immediato: doccia, vestiti puliti e riposo.
Domani si vedrà. Il viaggio si chiude.
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centosessantaquattro chilometri e millesettecentoquaranta metri di salita

Stefano

Edited by ollast - 6/8/2015, 23:04
 
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