Autosufficienza significa portarsi in proprio una certa quantità di bagaglio, cercando il necessario compromesso tra funzionalità e benessere.
Il carico, per mia abitudine, è organizzato sotto tre voci principali: abbigliamento, notte, alimentazione. Si può aggiungere una voce “varie ed eventuali” per alcuni materiali che non rientrano nelle tre categorie principali.
L'essenziale (ma anche qualche sfizio)L'abbigliamento prevede due completi di vestiario da bicicletta (naturalmente con scarpe, guanti e casco), un completo “da riposo” (con i relativi sandali), costume da bagno e una giacca a vento.
Alla voce notte si trovano: tenda monoposto, materassino, sacco-lenzuolo, sacco a pelo, pigiama, tappi per le orecchie, lampada frontale e un buff in più (a volte, in campeggio, non si ha il buio che servirebbe per dormire da presto e il buff è anche un'ottima benda per la notte).
La cambusa comprende il cibo e i condimenti contati per un numero limitato di pasti: quattro buste di liofilizzati (zuppe e risotti), pasta e riso già singolarmente porzionati, olio, condimenti vari (sale, aglio, peperoncino, pesto, capperi sotto sale), bustine di tè e poi confettura o miele per la colazione. A parte, il set di pentole, piatto, tazza pieghevole, posata, un mestolo di legno con il manico segato, un po' di fogli di scottex e il fornello a benzina. Ogni giorno compravo pane, frutta, pomodori, uova (tante ne ho mangiate quante ne ho rotte) e pesce in scatola, come tonno, sgombri o sardine sottolio. Immancabile il formaggio. A pranzo ho quasi sempre mangiato per poca spesa in ristorante, mentre a cena preferivo sempre cucinare comodamente davanti alla tenda. Anche questo è un modo di rilassarsi e passare il tempo raccogliendo le idee a fine giornata.
Dentro “varie ed eventuali” si trova la pulizia (personale, per le stoviglie e l'abbigliamento) il cui pezzo fondamentale è una bacinella pieghevole che serve a tirarsi l'acqua in testa, in mancanza di meglio, per farsi la doccia, lavare le stoviglie dopo cena e mettere a mollo i vestiti (naturalmente non tutto insieme); filo per stendere e mollette; pacchetto di pronto soccorso; cavo di alimentazione per il cellulare; macchina fotografica; gps e pile per farlo funzionare (una coppia ogni due giorni); carta stradale (rigorosamente Michelin); taccuino e matita; infine, attrezzi, camere d'aria, pompetta e minutaglie varie per la bicicletta.
Il tutto pesa. Si superano sicuramente i 20 chili con il carrello, ma non ho avuto il fegato di pesare con precisione perché avrei finito per lasciare a casa qualche cosa, rimpiangendolo per il resto del viaggio. Nessuno zaino.
"Ma che animale è?". Molta curiosità per strada.11 luglio, da Vignola a Vico
Malgrado la sveglia presto e le migliori intenzioni, non riesco a partire prima delle 8.40. Attacco da subito in salita, a cui segue un'altra salita e poi, ancora salita. Qualcosa inizia a cambiare nel panorama e inizio a vedere i primi pini larici, tipici del paesaggio di montagna in Corsica. Alcuni dei villaggi che attraverso non saranno abbandonati, ma ne hanno tutta l'apparenza.
Una grande chiesa scoperchiata al centro del villaggio. Non ricordo di avere vista quella con il coperchio.Per pranzo mi fermo comodamente nel villaggio di Azzana, in una piazzetta alberata, completa di fontana, tavolo e panchine. È la piazza del municipio e non escludo che su quelle panchine si possano svolgere riunioni di giunta o sedute consiliari; sessioni plenarie o “En plén air”. Qui preparo del riso in bianco, insalata di pomodori e frutta, a cui segue la dovuta pennica pomeridiana per stare al fresco un altro po'.
Dopo due ore riparto, sempre in salita, attraversando luoghi sempre più remoti: la strada si fa sempre più impegnativa, stretta, tortuosa e con bruschi “denti di sega” che spezzano il salire costante; in basso una gola incassata, sopra di me costoni granitici e la vegetazione un po' spoglia che lascia capire di incendi non ancora abbastanza lontani da avere permesso la ricrescita delle castagnete.
Questa strada è stata aperta solo negli anni settanta sul tracciato di un'antica mulattiera.Dietro una curva, in lontananza, si vedono le case di Muna: nient'altro che uno dei tanti villaggi montani, sviluppato perpendicolarmente alla strada che la sfiora dal basso. Macchine parcheggiate all'uscita del villaggio e le vicine cassette delle lettere, apparentemente pronte a ricevere la corrispondenza, non fanno sembrare questo villaggio più abbandonato di altri.
Muna, ab. 0.Ancora qualche saliscendi, tra i più violenti di quelli affrontati durante il viaggio, e finalmente scendo verso Vico. Qui mi fermo a visitare una “Maison du Miel”: il miele corso ha il marchio DOP e questo piccolo salone divulgativo permette agli estimatori del prodotto di informarsi su tutto ciò che riguarda il miele, compresa la possibilità di assaggiare le quattro varietà legate alle stagioni che rientrano sotto l'ombrello del marchio europeo. Più in là, sulla piazza, faccio la spesa e quindi, dopo un ultima salita, proprio al valico, giungo al campeggio La Sposata. Carino, gestori amichevoli, ma servizi un po' carenti e insetti assillanti.
Stefano